Una mail che da qualche tempo rimbalza su internet in una specie di catena di sant’Antonio, denuncia che il latte pastorizzato potrebbe essere niente più che acqua sporca.
Questa “truffa del latte” sarebbe addirittura «incoraggiata» dalla legge, che consentirebbe – sempre secondo la mail – che il latte scaduto rimasto invenduto, venga ritirato dal produttore, trattato a 190 gradi e rimesso nuovamente sul mercato, come latte fresco.
Questo procedimento potrebbe inoltre essere ripetuto anche per cinque volte successive e tutto questo sarebbe talmente legale, che il numero delle “ribolliture”, verrebbe addirittura segnalato in etichetta.
Sotto le confezioni di cartone vengono normalmente stampigliati dei numerini, dall’1 al 5, in serie: 12345; secondo i sostenitori della tesi, se da questa serie di numeri ne manca uno, per esempio il 3, significa che il latte che abbiamo acquistato, scaduto per due volte, è stato riscaldato una terza volta, in attesa di compratori.
Si tratta di una notizia totalmente falsa, «è l’ennesimo atto diffamatorio nei confronti di un alimento essenziale sulla nostra tavola» afferma Ivano De Noni, professore associato di tecnologia lattiero casearia al Distam, Dipartimento di scienze e tecnologie alimentari e microbiologiche di Milano.
«Non è affatto vero – spiega l’esperto – che la legge consenta il recupero per l’alimentazione umana del latte pastorizzato scaduto per rivenderlo come fresco.
La legge prevede che il trattamento di pastorizzazione possa venire applicato solo sul latte crudo e quindi una sola volta e che il latte non venga riscaldato ripetutamente può essere verificato attraverso analisi di laboratorio.
La normativa vigente prevede, infatti, che il latte pastorizzato risponda a requisiti di qualità evidenziabili in base a precisi parametri di danno termico sulle proteine del siero». In sostanza il latte pluririscaldato si rovina e ai controlli questo si verrebbe a scoprire.
«E mi sembrerebbe ben strano – aggiunge ironico De Noni – che i produttori che contravvengono alla legge, lo scrivano sulla confezione con numerini leggibili per tutti».
Altra “bufala” del testo allarmistico, l’indicazione del trattamento del latte scaduto a 190 gradi. «Il latte non potrebbe in nessun caso essere trattato con un calore così violento, perché diventerebbe marrone.
E questo è un altro indice dell’assurdità del comunicato» dice De Noni.
In realtà, il trattamento di pastorizzazione del latte è molto più blando. L’applicazione di 72 gradi centigradi per 15 secondi è sufficiente a distruggere anche i germi patogeni più resistenti al calore, come quelli della tubercolosi.
La pastorizzazione non uccide tutti i microrganismi ,per raggiungere questo scopo ci vuole un trattamento termico più forte, detto di sterilizzazione, che si ottiene sottoponendo il latte a un calore a 145 gradi per pochi secondi.
Ultima chicca, la spiegazione dei numerini: effettivamente, guardando sotto le confezioni del latte pastorizzato in cartoni, i numeretti dall’1 al 5 ci sono, ma hanno tutt’altro significato, rispetto a quello denunciato; come spiega Tetrapak, si tratta di numeri utili per la rintracciabilità del materiale di imballaggio e non hanno niente a che vedere con l’alimento confezionato.
«Questi allarmi infondati, rischiano di minare la fiducia dei consumatori in un alimento come il latte del tutto sano ed essenziale» – commenta Andrea Ghiselli, dell’Istituto di ricerca per gli alimenti e la nutrizione.